L’argomento del giorno in tutti i talk show e quotidiani italiani è il referendum a cui siamo chiamati a votare il prossimo 4 dicembre. Tutti gli studiosi del settore e numerosi politici si sono esposti su questo argomento cimentandosi in dibattiti accesi e molto spesso troppo tecnici. Non vogliamo citare nessuno di questi dibattiti, ma abbiamo invece focalizzato l’attenzione sull’opinione degli studenti del nostro Ateneo proponendovi un’intervista doppia tra due esponenti dei Comitati studenteschi di Siena che si sono confrontati sui temi principali oggetto della Riforma Costituzionale.
Spiega brevemente perché voterai SI/NO:
Sì: Senza esitare, e con decisione, considero la voglia di cambiamento come la principale motivazione per cui voterò Sì e cercherò, nei limiti delle mie possibilità, di far votare sì: a mio modesto parere, è una riforma scritta dalla storia. Una riforma per anni oggetto di valutazioni e programmi politici, e quindi basta guardare il corso del tempo per capirne l’importanza: eliminando il bicameralismo perfetto, avremo leggi al passo coi tempi, saranno rafforzati gli strumenti di democrazia diretta, ci saranno tagli ai costi della politica incisivi, vista anche l’eliminazione di un ente inutile come il CNEL, ed infine si modificherà il titolo V, mettendo fine alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni. Non esiste una riforma perfetta, ma sono convinto che questo passaggio ridarà dignità alla politica e al nostro Paese.
No: Votare “No” è un dovere politico per difendere l’ultimo barlume di democrazia che ha questo paese. La riforma peggiora la qualità legislativa a favore di una semplificazione del processo legislativo, si preferisce fare più leggi in modo da adeguarsi a quello che ci chiede la Governance Europea, piuttosto che avere leggi che siano frutto di un giusto processo democratico. Considerando la già scarsa qualità legislativa del nostro parlamento, lasciare in mano ad un solo partito la possibilità di legiferare deve quantomeno preoccuparci. È l’apoteosi dell’antipolitica; una riforma che preferisce la governabilità alla democrazia, che nell’innalzare un partito a vincitore, riduce le opposizioni a mero ostacolo.
Secondo te è giusto che sia un governo a farsi carico di una modifica così importante della costituzione?
Sì: C’è un motivo principale alla base della mia scelta di votare Sì: questa riforma rispetta la Costituzione in tutti i procedimenti e passaggi fondamentali. La proposta di una Sua modifica è partita attraverso un disegno di legge governativo e solo in seguito, seguendo alla lettera l’art.138 della nostra Costituzione, è toccato al Parlamento licenziare il testo attuale, dopo più letture. Giusto per dare alcuni numeri il processo di Riforma Costituzionale è iniziato circa 2 anni fa e nel corso delle varie letture ha subito 4705 interventi, in 175 sedute e 5272 votazioni. Credo questo basti a togliere anche i dubbi etici sull’attuale Riforma.
No: Questo è un altro punto inaccettabile, una riforma costituzionale non dovrebbe mai essere espressione di un governo o semplicemente di una maggioranza. Il 5 dicembre se dovesse vincere il “SI” si creerebbe una spaccatura insanabile sul ruolo della costituzione in questo paese. Quando l’Assemblea Costituente si trovò a redigere il testo della Carta, avvertì il bisogno di garantire una trasformazione pacifica che superasse i sentimenti contrapposti che animavano le forze politiche del tempo; fu il grande compromesso – un crogiuolo ardente e universale, come scrive Dossetti – in grado di resistere nel tempo grazie all’affermazione di valori comuni. I Governi passano e passano le ideologie che questi si portano dietro, ma la nostra Costituzione deve avere la forza di guardare lontano.
Cosa ne pensi della modalità di gestione della campagna referendaria?
Sì: Ho 24 anni, quindi ho vissuto intensamente e direttamente poche campagne referendarie o elettorali. Se posso, però, esprimere una considerazione, alla luce delle recenti campagne, sono convinto che la tendenza oggi sia di fare propaganda generando paure, incutendo timore, creando un vero e proprio disagio nell’opinione pubblica. Questo si può vedere purtroppo anche con l’avvento della politica anti-sistema, populista, che pur di ottenere consenso, cavalca il malcontento a scapito di una politica seria e costruttiva. Il mio appello è rivolto ai giovani, alla mia generazione: non cadiamo nel tranello del qualunquismo, bensì cerchiamo di esser umili ma di guardare al futuro con fiducia.
No: La gestione della campagna elettorale è stata pessima , sia per i sostenitori del “SI” che del “NO”. Però ,al di là della pochezza della politica italiana che spesso scade nel gossip, nelle accuse personali , negli slogan, la cosa peggiore è stata la personalizzazione che il premier ha fatto della riforma, riducendola ad un banale “Renzi SI o Renzi NO” , per ritrattare il tutto quando ormai le carte erano state posate sul tavolo. Naturalmente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, sono state proposte anche ottime analisi giuridiche e politiche che sicuramente saranno gradite ai cittadini indecisi.
Indica un difetto della riforma.
Sì: Più che criticità parlerei di incertezza. Questa deriva del tempo che i prossimi consiglieri regionali e sindaci trascorreranno in Senato e quanto invece nelle autonomie locali di riferimento. La riforma, riguardo questo punto, prevede che i futuri componenti del Senato delle Autonomie non possono essere scelti tra quelli che ricoprono incarichi importanti, quali presidenti di commissioni e ruoli di spicco in giunta e consiglio regionale, o sindaci presidenti di provincia; in più saranno chiamati ad esprimersi poche volte durante la settimana, e considerando il fatto che molti sindaci, appartenenti all’ANCI, sono a Roma già per molti giorni della settimana unire la cose diventa più semplice. Insomma, il dubbio sarà sciolto vedendo operativo il nuovo Senato.
No: Uno dei difetti principali della riforma è sicuramente lo squilibrio di poteri che essa provoca, in particolar modo fra potere esecutivo e legislativo. L’esecutivo si rafforzerà moltissimo grazie al fondamento costituzionale datogli dal nuovo articolo 72, il Governo, avendo una via preferenziale nella proposta dei disegni di legge, potrà dettare l’agenda del Parlamento, comprimendo il potere legislativo di quest’ultimo.
Indica un pregio della riforma.
Sì: Io credo che il migliore aspetto della Riforma sia rimasto poco considerato: il potenziamento degli strumenti di democrazia diretta. Il Parlamento, a riforma attuata, avrà l’obbligo di discutere e deliberare sulle proposte di legge di iniziativa popolare, ed inoltre saranno introdotti i referendum propositivi e di indirizzo. Io sono un Giovane Democratico e cittadino sempre attento alle vicende politico-sociali e con questa Riforma, finalmente le nostre firme e i nostri contributi conteranno davvero qualcosa.
No: Sicuramente l’abolizione del Cnel, organo inutile e costoso, in 60 anni ha prodotto solo 14 proposte di leggi per altro ignorate dal Parlamento; e le dirò di più, non è l’unico pregio di questa riforma, condividiamo pienamente anche l’abolizione dei senatori a vita, l’introduzione del referendum propositivo; ma vede, la riforma è un pacchetto, prendere o lasciare, sicché nel bilanciamento tra ciò che avremo e ciò che perdiamo, tra i miglioramenti e i punti critici di una riforma scritta a colpi di sciabola, lei che sceglierebbe? Rouge ou Noir, direbbe un croupier, les jeux sont faits rien ne va plus.
Ritieni che la formulazione del quesito sulla scheda referendaria possa essere fuorviante?
Sì: Assolutamente no. Il quesito referendario viene approvato e licenziato dall’Ufficio centrale per il referendum della Corte Suprema di Cassazione, e non credo serva altro. Il testo è chiaro e sintetizza al massimo i contenuti della Riforma Costituzionale, rendendoli accessibili a tutti.
No: Chiedere ad un cittadino se è favorevole al superamento del bicameralismo perfetto, ridurre il numero dei parlamentari, il costo della politica, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V, è pari al porre una domanda retorica. Certo che il cittadino è favorevole, chi d’altra parte non lo sarebbe? Se si chiedesse al cittadino se è favorevole al superamento di un bicameralismo perfetto per un bicameralismo ibrido e poco funzionale, la riduzione del numero dei parlamentari come conseguenza diretta di un nuovo Senato, terra di approdo di consiglieri regionali e sindaci, scelti solo indirettamente dai cittadini come senatori, se si spiegasse che la riduzione dei costi è in realtà irrisoria e che abolire il Cnel significa anche accettare l’aumento delle firme necessarie per proporre un disegno di legge popolare, che la riforma del titolo V è conseguenza di una riforma del 2001 scellerata e raffazzonata esattamente come queste. Lei, da cittadino libero e consapevole dell’importanza del suo voto, sceglierebbe ancora a cuor leggero di votare si?
Come giudichi il rapporto tra questa riforma costituzionale e l’attuale legge elettorale?
Sì: Togliamo ogni dubbio: la legge elettorale non fa parte della riforma e per questo non è oggetto di referendum. Nello specifico non posso giudicare questo rapporto perché, visti gli ultimi sviluppi politici, il partito di maggioranza è pronto a modificare la legge elettorale. Per ora la legge elettorale in vigore è l’Italicum, un sistema proporzionale con doppio turno a correzione maggioritaria fatto di 100 collegi con preferenze e solo il capolista bloccato.
No: La nostra Costituzione ha collocato il Parlamento al centro del sistema degli organi costituzionali. Perché questo? A differenza del Governo, organo esecutivo, espressione della maggioranza del popolo, il Parlamento è espressione di tutto il popolo, popolo inteso come maggioranza, minoranze, diversi interessi; è lo specchio della società e attribuirgli il potere legislativo fa sì che la legge non sia espressione di una maggioranza che si impone sulla minoranza, ma sia espressioni di quella che Rousseau chiamava la volontà generale. Ebbene cosa succede se la legge elettorale attuale viene applicata con la nuova riforma costituzionale? Entrando in vigore il 1 Luglio 2016, la legge elettorale si occuperà solo della Camera – essendo il Senato espressione di una rappresentanza indiretta – ed avrà come obiettivo principale quello di attribuire ad un unico partito la vittoria elettorale e il governo del Paese, riconoscendo al partito che abbia ottenuto il 40% delle preferenze al primo turno 340 deputati su 630. Cosa succede se nessun partito ottiene il 40%? Entra in gioco una seconda votazione, il doppio turno. Supponiamo che i due partiti maggiormente votati abbiano ottenuto una percentuale di circa il 25% al primo turno. Chiunque dei due vinca, pur rappresentando concretamente solo una percentuale discreta, avrà di fatto una rappresentanza pari al 54% in Parlamento, attraverso l’attribuzione del premio di maggioranza. La camera dei deputati – unica, ricordiamolo, a dare la fiducia al Governo – avrà pertanto una maggioranza che è espressione del 25% del Paese (o anche meno visto gli alti tassi di astensionismo), laddove il 75% o più dei cittadini saranno paradossalmente rappresentati della “minoranza”. Il Parlamento diviene uno specchio che riflette un’immagine distorta, non fedele della società effettiva, in cui un partito minoritario può erigersi a maggioritario. E sfortunatamente il problema non si riduce ad un fatto di numeri; con il voto a data certa, il partito minoritario arrivato al Governo, potrà dettare l’agenda del Parlamento, di fatto esautorando la discrezionalità del potere legislativo in capo a quest’ultimo. È innegabile riconoscere una forma di governo che seppur ancora di tipo parlamentare, diviene a preminenza dell’esecutivo, con uno sbilanciamento dell’equilibrio tra poteri. Il partito salito al Governo avrà, in oltre la possibilità di condizionare l’elezione del Presidente della Repubblica, dei giudici della Corte Costituzionale, i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Il problema diviene per tanto così riducibile: la riforma, in connessione alla legge elettorale, rende la Costituzione un’effettiva garanzia dalle derive antidemocratiche? Vi è un’immagine spesso invocata per descrivere la Costituzione, quella delle corde che tengono Ulisse fermo all’albero della nave mentre ascolta il canto delle sirene; Ulisse può sentire il suono, il fascino della melodia, ma per quanto potrà dimenarsi le corde gli impediranno di abbandonare l’imbarcazione. Le pongo io, stavolta, una domanda: le corde della nuova Costituzione saranno abbastanza forti? Ma questo è un problema che forse meriterebbe un’analisi maggiore.
Esiste il pericolo di derive autoritarie?
Sì: Quando alcuni illustri esponenti capiranno cosa sono davvero le derive autoritarie o ascolteranno testimonianze di vicende vissute sotto dittature e totalitarismi, credo sarà troppo tardi per scusarsi con il popolo italiano. Non c’è nessuna deriva autoritaria, non cambiano i poteri del Presidente del Consiglio, non cambiano i poteri del Governo, anzi casomai questa riforma ristabilisce la potestà legislativa in capo al Parlamento. Gli organi di tutela non cambiano e non si modificano, semmai si rafforzano, come dimostrano i diversi numeri, ad esempio, necessari per l’elezione del Presidente della Repubblica.
No: Francamente credo che parlare di derive autoritarie, in un Europa che ha conosciuto le caratteristiche e l’esperienza di tale regime politico, sia improprio. Sicuramente questa riforma porta ad un accentramento dello Stato e ad una notevole centralità dell’organo esecutivo, rispetto al Parlamento, ma di qui a dire che il prossimo Governo avrà la possibilità di instaurare una nuova dittatura appare eccessivo. Certo, in connessione alla legge elettorale, di cui abbiamo parlato poc’anzi, dei punti critici emergono, ma forse più che di derive autoritarie vere e proprie, sarebbe più giusto parlare di un affievolimento della democrazia. Ho avuto una sensazione mentre analizzavo la riforma, quella di una Costituzione che sempre di più viene strappata dalle mani dei cittadini. E’ un ratto furbo, sottile, quello che sta accadendo; un togliere un voto, aggiungere altro, alzare un quorum, dire con sorriso affabile che tanto, alla fine, non era poi così importante eleggere quello o quell’altro. Ho iniziato addirittura a pensare che forse avevano ragione, che quel sorriso affabile era simpatico, rassicurante. Vi è un dubbio però che mi è rimasto, un dubbio che mi tortura ancora, a strapparla è un attimo, ma per consegnarla a chi?
Quanto verrebbe ridotto il costo della politica?
Sì: Stando a conti effettuati dalla Ragioneria dello Stato, siamo quasi a 500 milioni di euro l’anno, data dalla riduzione del numero dei parlamentari, l’eliminazione delle indennità dei senatori, l’eliminazione dei rimborsi ai gruppi parlamentari regionali, ed anche l’abolizione del CNEL. Altro risparmio verrà poi dalle regioni, dove lo stipendio di un consigliere regionale non potrà superare il compenso del sindaco capoluogo, ed infine abolizione definitiva delle provincie.
No: La ragioneria di Stato ha calcolato un risparmio di costi pari a 57, 7 milioni. È una briciola persa in un cesto di biscotti, irrisoria in un bilancio statale. Issarla a punto di forza della campagna del sì è indice di quanto poco abbiamo da guadagnare con la vittoria di questa riforma.
Con la formazione del nuovo Senato il ping-pong tra le due Camere verrà abolito?
Sì: Vi è la fine del bicameralismo paritario, ovvero la Camera dei Deputati e il Senato non faranno più le stesse cose. Tramite l’art 70, però, il nuovo Senato delle Autonomie potrà, entro 10 giorni, richiedere l’analisi di alcuni progetti di legge che dovranno essere esaminati entro 30 giorni, per poter poi tornare alla Camera per il voto finale. Tempi più stretti e certi; il ping-pong si riduce ad una sola possibilità e non sarà più la routine. Riusciremo quindi ad avere leggi al passo con i tempi.
No: Il “ping-pong” non verrà affatto eliminato, ma il suo uso verrà ridotto a poche materie fondamentali.
Come valuti l’ipotetico nuovo Senato? Perché?
Sì: Seppur modificato rispetto alle intenzioni originarie, il Senato delle autonomie sarà composto da 74 Consiglieri regionali, 21 Sindaci e 5 senatori indicati dal Capo dello Stato. Ancora non sappiamo l’esatta modalità con cui saranno eletti i senatori, benché la bozza di riforma Italicum, ddl Chiti-Fornaro, proponga comunque l’elezione diretta dei senatori da parte dei cittadini, che al momento del rinnovo dei Consigli Regionali saranno chiamati ad esprimersi sulla composizione del Senato, mediante scheda apposita. Questa considerazione è utile, e molte volte ignorata.
No: L’ipotetico nuovo Senato cambierà nome e diventerà “il Senato delle autonomie” perché sarà composto da rappresentanti delle istituzioni territoriali. Un nome che sembra indicare una maggiore partecipazione dalle regioni, ma non è così se consideriamo che questa riforma indebolisce moltissimo i poteri regionali. Infatti il nuovo Senato composto dai rappresentanti delle regioni e degli enti locali, avrà formalmente poteri esigui. Il suo ruolo nella funzione legislativa sarà limitato a poche e confuse materie, esercitando per lo più un compito consultivo più che deliberativo. L’accentramento di competenze allo Stato e la clausola di supremazia previsti con la revisione del titolo V, in oltre, spoglieranno le regioni di numerose mansioni, con il conseguente indebolimento di queste. La conseguenza diretta è che il Senato sarà sì rappresentativo delle regioni, ma di regioni monche, prive di braccia e gambe. Un senato dagli equilibri caduchi – ricordiamo che i componenti essendo nominati dai consigli regionali e non dai cittadini, avranno mandati diversi – e dalla faccia stanca, porto sicuro per chi, magari, così intende risolvere i suoi guai giudiziari.
In caso di vincita del No, secondo te, vi sarebbe qualche effetto per l’economia italiana?
Sì: In caso di vincita del No, l’Italia avrà perso una grande opportunità di cambiamento. Non credo ci sarà un’altra iniziativa di Riforma per i prossimi venti anni. Personalmente mi preoccupa l’ulteriore perdita di competitività e attrattività per gli investimenti, visto che con la bocciatura della Riforma si riconfermerebbero i ritardi ed i disagi prodotti dal caos delle materie concorrenti tra Stato e Regioni. Sarebbe un grande freno per la nostra crescita economica.
No: Se dovesse vincere il no, non credo che vi saranno conseguenze economiche, tanto positive quanto negative rilevanti dovute alla bocciatura della riforma.
E se vincesse il Sì?
Sì: In caso di vittoria del Sì, avremo un’Italia che spalanca le porte al futuro. Sicuramente le opinioni negative degli ultimi anni sul nostro Paese si ridimensionerebbero anche se, in ogni caso, questo non basterà: occorrerà lavorare ancora perché le Riforme siano un primo passo per riportare l’Italia al posto che merita, ovvero della nazione più bella del mondo.
No: Se dovesse vincere il sì, idem. Vede se questa riforma passerà o meno, l’Italia non uscirà dalla crisi, né tanto meno crollerà su se stessa. All’alba dell’anno mille, non vi fu l’apocalisse, né vi sarà il 5 dicembre.
Per coloro che ancora sono indecisi sul voto cosa consigli di leggere e dove informarsi?
Sì: Leggete la Costituzione, in ogni suo articolo e non solo quelli modificati. E’ davvero la costituzione più bella del mondo nei suoi principi fondamentali e la riforma ne modifica il funzionamento affinché questi principi possano essere meglio esplicati e compresi. Riscopriamo la nostra storia, è solo da li che possiamo capire i nostri errori e correggerli.
No: Questa riforma costituzionale ha suscitato tantissimi contrasti tanto politici quanto fra gli studiosi del diritto costituzionale ed è innegabile sostenere che chi si schiera per il no o per il si cerca di tirare a se l’adesione dell’interlocutore, al quale però spesso non vengono risolti i dubbi. È complesso ma è un lavoro doveroso se si vuole effettivamente capire questa riforma, analizzarla prima autonomamente col supporto di testi di diritto costituzionale, in modo tale da avere una opinione libera e senza condizionamenti e concludere il proprio lavoro confrontandosi con gli altri.
Fai un pronostico sincero dell’esito del referendum.
Sì: Non mi esprimo, ma sono sempre stato un ragazzo ottimista! Posso assicurarvi che non smetterò di impegnarmi, ed insieme a tutti i ragazzi e ragazze del comitato lavoreremo ogni secondo per portare a casa un grande risultato.
No: Il mio pronostico è che alla fine si confermeranno quelli che sono i risultati dei sondaggi che danno favorito il “NO”, perché quella parte di italiani che sta soffrendo da anni riforme sbagliate, il 4 dicembre alzerà la testa. Credo che questo possa essere un “NO” che avrà un grande valore sociale di contrasto a politiche diventate inaccettabili.
Fai finta che io sia dell’opinione opposta alla tua, come potresti convincermi a votare SI/NO ?
Sì: Guardati allo specchio e immagina il tuo futuro! Abbiamo una grande opportunità, rendere le istituzioni responsabili. Se sei convinta delle tue forze e potenzialità non avrai più alibi, votando Sì il futuro sarà nelle tue mani! – COSIMO DESIATI, Comitato Generazione Sì – Studenti Siena
No: Non credo ci siano buoni o cattivi .Se si vogliono privilegiare gli interessi dei grandi imprenditori è giusto votare “SI” ,se si vogliono difendere gli interessi del lavoratori allora votare “NO” è il primo passo per farlo. – SARA GAROFALO, Comitato per il No – Studenti Siena
A cura di Melissa Marchi.