Ecco una notte perfetta per prendere e andare via.
Il freddo di dicembre ha incrociato le braccia sulla città del Palio. Punge vaghezza di rimanere in casa, dove uno può sorseggiare bevande roventi e contemplare la condensa sulla finestra.
Fuori, su per la città, Santa Maria della Scala è aperta. Le coperte tentano, è così conciliante l’idea di anticipare l’arrivo del solito domani; perché non andare, invece?
Dicembre, giorno tredici, come la Morte. Il freddo c’è, in effetti, ma niente neve. Non esiste che l’inverno possa scolpire qualcosa, non stasera. Le ante automatiche si dividono, buttano aria condizionata nell’androne. Una nuova città è sorta nella città; un gioiello appena composto riposa nel portagioie.
Dürer, Altdorfer e la Scuola del Nord. Delineate alla fiamminga, fiore per fiore, sbocciano sulle pareti le loro utopie. L’olio lappa il colore sulla tavola, le corolle si aprono fuori stagione; non c’è più il tempo: per la perfezione, ciascun tempo è il tempo.
Una Città Ideale è un allestimento essenziale, fatto di lame di luce e colori in boccio. Dalla cura di Cristina Gnoni Mavarelli, Maria Mangiavacchi e Daniele Pittèri, si ricompone a Siena la storica collezione Spannocchi, ancora una testimonianza del mecenatismo delle grandi famiglie dell’Italia di antico regime; parte di essa giunge dagli Uffizi, parte dalla Pinacoteca Nazionale, o dal Museo Civico.

Johann König (Norimberga 1586-1635 circa) Il Giorno (Cristo tentato) – particolare, 1610 circa Olio su tela, cm 63 × 93,5 Siena, Pinacoteca Nazionale, inv. 458
Ad accrescere il prestigio della quadreria, già saccheggiata dagli storici collezionisti alla corte mantovana, è la cura della sua composizione: vi si possono ritrovare tutte le peculiarità della Scuola nordica, che ama tanto la realtà da distruggerla, paradossalmente, con la profusione di dettagli che le getta addosso sino a soffocarla: ci è stato insegnato che l’occhio è selettivo, che certi particolari proprio non gli interessano. Al contrario, questa corrente così perfetta da rasentare la mania non conosce discriminazione: non esiste goccia, nervatura di foglia o riflesso di capello che non si meriti la sua intensa, sensoriale pennellata. Un’operazione certosina, che poggia le colonne su studio e logica portate all’estremo. Sono ben lontane le tenerezze italiane, a cominciare dall’attenzione che devia sugli sfondi e il paesaggio, a onta della scena narrata e dei suoi attori, relegati in secondo piano, siano essi santi o sovrani.
E ben lo vediamo nella giornata mistica, serie pittorica di Johan Konig (L’alba, Il giorno, Il tramonto e La notte), con la natura che già nell’incipit del nome si prende il primato sugli episodi evangelici che vi hanno dimora. E la caccia alle figurette nel paesaggio è un piacere tutto percettivo, simile a quello dei bambini.
L’andamento è tematico. Adeguandosi alla gerarchia accademica, esordisce con le scene sacre, i ritratti e la mitologia, e alle ultime stanze è riservata la potenza della natura morta, che dei fiamminghi è il fiore all’occhiello, nonché alcune scene di genere brillanti, di quelle che già hanno spopolato nel repertorio del Caravaggio – ne citiamo una: La buona ventura, qui caratterizzata dalla maestria di Bartolomeo Wittig, che si diletta di un’intricata architettura. Sono i Bamboccianti, i virtuosi della scena di genere, le cui pitture fastose – e festose – mandano in visibilio la Roma secentesca.
Se poi adocchiamo i ritratti ufficiali colpisce una volta di più la cura che questi artisti profondono nella definizione lenticolare del soggetto, con un’onestà che con la piaggeria cortese non ha proprio nulla da spartire; al contrario, abbiamo di fronte una selezione impietosa, come nella prominenza che vien data al mento di Carlo V, sporgente nel caratteristico “mento asburgico”; o nell’opulenza del Gioielliere, orpellato di tutto punto e ben espressivo nel suo intento di beffarsi della nostra povertà.
La sezione mitologica fa la sua figura, nonostante non manchi di una certa stanchezza, elegante disegno a margine su quel tomo di razionalità e scienza della realtà che è la Scuola Nordica; e un apprezzamento particolare è dovuto alla scelta di esporre il San Girolamo nello studio, di Hendrick von Steenwijk il Giovane, su fondo scuro e con una forma d’illuminazione mirata: il piccolo dipinto, eseguito su metallo, è così valorizzato nel suo caratteristico scintillio.

Ambito di Abel Grimmer (Anversa 1570 ca.-1620 ca.) La Torre di Babele Fine del secolo XVI – inizio del secolo XVII Olio su tavola, cm 49,9×66,5 Siena, Pinacoteca Nazionale, Inv. 534
La mostra muore col proprio nome sulle labbra: nell’ultima sezione, tra finestre dischiuse sul mondo dell’utopia, horti conclusi e battaglie tanto ineccepibili che parrebbero arazzi, la Torre di Babele si staglia a fine percorso, coronata dall’ambizione dei suoi edificatori. Ed è in questa scientifica armonia che tocca recuperare le fila della strada, imperfetta e tragicamente reale.
E chiudiamo il portagioie.
Sharon Tofanelli
L’inaugurazione si è tenuta giovedì 13 dicembre, ore 18.30
Una città ideale. Dürerm Altdorfer e i Maestri Nordici della Collezione Spannocchi di Siena
a cura di Cristina Gnoni Mavarelli, Maria Mangiavacchi e Daniele Pittèri